Nel 2021 l’economia circolare (un sistema economico pensato per potersi rigenerare autonomamente assicurando di fatto la sua ecosostenibilità) dovrà esser il motore trainante di un’Europa che punta a raggiungere una sostenibilità ambientale sempre più all’avanguardia. Se, infatti, già prima della pandemia da coronavirus l’obiettivo era quello di imporre entro il 2030 obiettivi vincolanti per l’utilizzo di materiali e per l’impronta ecologica dei consumi, ora più che mai è inevitabile insistere su un rilancio ancora più massiccio di investimento sostenibili. Le conseguenze del Covid-19, per forza di cose, spingono ad accelerare questo processo di ripresa economica e sostenibile attraverso, appunto, l’economia circolare. Dovranno essere proprio le aziende, maggiormente colpite dalla crisi pandemica, ad incentivare nuovi percorsi basati sulla sostenibilità ambientale ed economica. Infatti, rispetto al passato quando era considerata quasi del tutto economicamente inaccessibile per le aziende, oggi la sostenibilità, grazie ai nuovi fondi europei messi a disposizione dei Paesi, è una strada percorribile.
Per il 2030 le Nazioni Unite hanno messo a punto una agenda fitta di obiettivi internazionali. Inoltre, la cifra di 1800 miliardi di euro garantita dall’Europa per la sua ripartenza segna un punto a favore proprio in ottica sostenibilità. I fondi europei, oltre che alla salute, saranno destinati alla ricerca e all’innovazione, alla digitalizzazione, alla protezione per la biodiversità e alla lotta contro i cambiamenti climatici. Le strategie presentate nel pacchetto Next Generation UE per la ripresa dell’Europa dall’emergenza sanitaria, comprendono una serie di punti riguardanti le rovine causate all’ambiente dalla situazione economica.
Anche dopo il recente cambio di governo, l’Italia ha confermato l’intenzione di voler proseguire il percorso, intrapreso già nel 2020, basato sullo sviluppo dell’economia circolare tramite la mobilità sostenibile e la ristrutturazione di imprese e ambienti. Da questo punto di vista, il Recovery Fund per le nuove tecnologie e le infrastrutture, potrà portare degli effetti positivi. Tramite, ad esempio, l’Ecobonus 110, nelle abitazioni si potranno effettuare, senza spese eccessive (in alcuni casi anche a
costo zero), lavori di miglioramento ristrutturazione della classe energetica. Va ricordato che si potrà accedere all’Ecobonus fino al 31 dicembre 2021.
Tutelare l’ambiente vuol dire rispettare le regole. Soprattutto quando si procede con operazioni di smaltimento dei cosiddetti rifiuti speciali, è indispensabile seguire accuratamente le normative vigenti in materia. Oggi, ancora più che in passato, i prodotti al neon come i tubi e le lampade, sono molto utilizzati in quanto registrano un consumo energetico molto basso. Ecco perché risulta importante saper smaltire adeguatamente questi prodotti.
Lo smaltimento tubi al neon ha come codice Cer 200121. Come già anticipato, le norme ambientali classificano lampade e tubi al neon come rifiuti speciali pericolosi (vengono considerati dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche – RAEE) in quanto entrambi i prodotti contengono mercurio, un metallo estremamente tossico per la salute delle persone se disperso nell’ambiente. Lo smaltimento delle lampade neon e dei tubi deve essere effettuato necessariamente da operatori del settore che siano stati autorizzate dal Ministero dell’Ambiente. Lampade e tubi al neon non vanno smaltiti nelle normali discariche, ma devono essere portati in adeguati centri di raccolta. Nel caso in cui non dovessero essere portate a termine le corrette pratiche di smaltimento, si può andare incontro a sanzioni amministrative molto pesanti che possono essere commissionate da più organi di controllo come l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, le ASL locali, Carabinieri e Guardia di Finanza.
Lo smaltimento delle bombolette spray utilizzate in genere nelle officine meccaniche, deve essere effettuato con la massima attenzione. Innanzitutto, bisogna accertarsi che le bombolette siano completamente prive di sostanze pericolose. Non va mai dimenticato, infatti, che ogni tipo di gas presente all’interno di un contenitore metallico, può essere infiammabile se dovesse venire a contatto con fonti di calore e agenti atmosferici. In alcuni casi alcuni sbalzi termici hanno causato l’esplosione della stessa bomboletta, con ovvie conseguenze negative per l’ambiente e per le persone. Inoltre, è sempre opportuno controllare che il prodotto presente nella bomboletta sia tossico per l’ambiente.
Come già anticipato, quando si procede con lo smaltimento delle bombolette spray, è sempre importante verificare che queste siano completamente vuote.
Il codice Cer di questa speciale categoria comprendente i contenitori a pressione vuoti è il 150111. Nel caso in cui ci fossero gas residui, si potrebbero utilizzare anche i codici relativi alla subcategoria 16.06. Dalle bombolette vanno eliminati i nebulizzatori e i tappi in plastica, da smaltire separatamente. Va ricordato sempre che questo genere di materiali di alluminio possono
essere riciclati soltanto se sulla confezione non è riportano alcun simbolo di pericolo. In caso contrario bisognerà conferire la bomboletta nelle isole ecologiche RUP (Rifiuto Urbano Pericoloso) o in contenitori adeguati alla raccolta di questo genere di rifiuti.
I rottami ferrosi non rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi. Per evitare però danni all’ambiente o procedure errate nelle fasi di smaltimento, bisogna affidarsi sempre a una ditta specializzata, iscritta all’Albo nazionale dei gestori Ambientali. Una volta individuata e contattata una ditta, toccherà a quest’ultima stilare i documenti che dimostrano l’effettuazione dello smaltimento dei materiali ferrosi.
Va ricordato in questo senso che con il Decreto del 1 febbraio 2018, il Ministero dell’Ambiente ha dettato le modalità semplificate per l’esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi di metalli ferrosi e non ferrosi.
Una volta superate le fasi di stoccaggio, in genere si passa al recupero dei rottami ferrosi che, dopo una adeguata cernita (in linea con le norme vigenti in materia), risultino riciclabili. In considerazione di ciò, risulta importante affidarsi al regolamento Ue del 31 marzo 2011 n.333, secondo cui i criteri che determinano alcuni tipi di rottami metallici “cessano di essere considerati
rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio”.
In pratica, dopo la raccolta, i rottami ferrosi sono sottoposti a una verifica radiometrica in grado di accertare l’eventuale presenza o meno di materiale radioattivo. Se la verifica risulta positiva, i materiali sono posti nelle aree di stoccaggio per essere successivamente sottoposti agli interventi di preparazione al recupero.
Il processo di recupero dei metalli ferrosi conclude le sue operazioni nel momento in cui, nelle acciaierie, arriva alla fase di fusione e produzione, al termine dei quali il materiale potrà essere reintrodotto nel ciclo industriale.
Nel settore dell’automotive la procedura di smaltimento rifiuti non è sempre semplice in quanto si ha spesso a che fare con parti meccaniche e pezzi degli autoveicoli di diverse tipologie. Va comunque detto che negli stabilimenti italiani di questo settore vengono utilizzate tecniche di alto livello allo scopo di garantire in una fase successiva un adeguato processo di smaltimento degli scarti di produzione.
Le officine e le carrozzerie producono ogni giorno una quantità enorme di rifiuti nocivi per l’ambiente. In questo caso bisogna sempre osservare tutte le procedure adatte alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti prodotti che, a seconda dei casi, possono risultare non pericolosi come ad esempio le pastiglie dei freni e i rottami ferrosi, o speciali pericolosi come gli oli usati, il liquido antigelo e tanto altro.
Una corretta procedura di smaltimento dei rifiuti automotive, prevede innanzitutto la registrazione della tipologia del prodotto da smaltire attraverso la compilazione della documentazione fiscale. I rifiuti dovranno poi essere sistemati in contenitori isolati e adatti all’uso che se ne deve fare.
Individuata la tipologia del rifiuto da smaltire, al titolare dell’officina spetterà il compito di associare al prodotto il suo corretto codice Cer per poi procedere alla temporanea conservazione. Sempre il titolare, successivamente, dovrà ingaggiare una ditta specializzata che sia iscritta all’Albo dei Gestori Ambientali. Il trasportatore, terminata la procedura di smaltimento, dovrà rilasciare un documento che attesti l’operazione di smaltimento negli appositi impianti. Ogni anno si sarà obbligatorio informare le autorità competenti sul numero e sulla tipologia dei rifiuti prodotti in officina.
Chi lavora nel settore meccanico e industriale, sa bene che gli oli esausti rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi. Se smaltiti non correttamente, potrebbero rivelarsi nocivi per l’uomo e inquinanti per l’ambiente. Al contempo, se trattato con le dovute accortezze, l’olio esausto può rivelarsi un’ottima risorsa economica in quanto può essere rigenerato.
Prima di parlare della normativa per lo smaltimento oli esausti bisogna ricordare che questo genere di prodotti possono provenire dagli scarti industriali (in questo caso sono chiari), dalle automobili (scuri) e, tra le altre cose, dagli scarti delle fritture.
Chi detiene olio esausto in quantità superiore a 300 litri, ha l’obbligo di stivarlo in modo corretto, evitando di miscelarlo con sostanze tossiche per poi cederlo e trasferirlo ad imprese autorizzate alla sua raccolta ed eliminazione.
La normativa sullo smaltimento dell’olio esausto, prevede un processo di gestione ben preciso. Innanzitutto bisogna individuare il prodotto tramite un codice CER che, come abbiamo già anticipato, rientra nella lista dei rifiuti pericolosi. Non bisogna mai dimenticare che i rifiuti speciali non pericolosi sono quelli di lavorazione industriale, artigianale, commerciale, prodotti dalle attività di recupero e smaltimento dei rifiuti, prodotti dalle attività di demolizione, costruzione, attività di scarto, mentre i rifiuti speciali pericolosi provengono da prodotti di scarto da processi chimiciindustriali, prodotti di scarto della raffinazione del petrolio, prodotti di scarto derivati dall’attività metallurgica, prodotti di scarto dell’industria fotografica, solventi, oli esausti e tanto alto. Lo smaltimento in questo caso specifico prevede la sistemazione degli oli esausti in appositi contenitori stagni facendo attenzione a non mischiarli con altri liquidi.
Il produttore, prima di procedere con le operazioni di trasporto per lo smaltimento, avrà il compito di compilare un formulario di identificazione del rifiuto per renderlo tracciabile. La fase di trasporto dei rifiuti industriali nell’impianto di destinazione finale, deve seguire precise disposizioni definite dalla norma di riferimento. In questo caso ci riferiamo al d.lgs. 27 gennaio 1992, n.95 che è la normativa che riguarda proprio la raccolta e lo smaltimento degli oli usati di natura industriale e
privata.
È importante tenere presente che i mezzi impiegati per il trasporto devono essere autorizzati dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Gli oli esausti non possono essere scaricati nelle acque interne di superficie, in quelle sotterranee, in quelle marine e nelle canalizzazioni. Chi non osserva i divieti sullo smaltimento oli esausti, rischia l’arresto fino a due anni o l’ammenda da 2600 a 26mila euro.
L’economia circolare è un sistema economico che favorisce la diffusione di idee di rigenerazione, riciclo e riuso, in cui i materiali vengono appunto riutilizzati. Un sistema che è in grado quindi di rigenerarsi assicurando anche la sua ecosostenibilità.
I rifiuti di materiale ferroso non rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi. Tuttavia, per evitare danni o procedure dannose per l’ambiente, spesso perseguibili penalmente, è sempre consigliabile affidarsi a una ditta specializzata (iscritta all’Albo nazionale dei gestori Ambientali) a condurre in modo adeguato lo smaltimento di questo genere di materiale.
Il Codice CER 150102 del Catalogo Europeo dei Rifiuti è classificato come rifiuto da imballaggio in plastica non pericoloso, da non confondere assolutamente con il Codice CER 150202 nel quale rientrano invece materiali contaminati da sostanze pericolose.
Anche il settore della gestione dei rifiuti è stato colpito dalla pandemia da coronavirus. Per fortuna, però, non ancora in maniera critica.
Il DLgs 152/2006 specifica quelle che sono le linee guida per una corretta gestione dei rifiuti.
I tre documenti da seguire nel processo di smaltimento, sono il Registro carico e scarico, il Formulario di identificazione e il Modello unico di dichiarazione ambientale.
Gli oli esausti rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi. Il loro smaltimento, infatti, potrebbe rivelarsi nocivo per l’ambiente se non dovesse essere portato a termine in maniera attenta e adeguata.
Sono arrivate le prime indicazioni operative che le imprese dovranno rispettare per quanto riguarda la gestione dei rifiuti. Le nuove disposizioni, che prevedono obblighi immediati e altre misure che entreranno in vigore in un secondo momento, sono racchiuse nel decreto legislativo n. 116/2020 che va a modificare il vecchio D.Lgs n. 152/2006.
I filtri a carboni sono composti da particolari pareti metalliche al cui interno vi sono carboni attivi. L’aria viene spinta attraverso le pareti del filtro in cui risiedono i granuli di carbone che neutralizzano gli odori presenti nell’ambiente da depurare.
Le celle filtranti possono essere piane o ondulate, a perdere o rigenerabili. Il telaio, che può essere in lamiera o in cartone, si può aprire agevolmente in modo da favorire lo smaltimento differenziato.
Carrozzerie e officine producono un gran numero di rifiuti, la maggior parte dei quali possono risultare nocivi per l’ambiente e per la salute delle persone. Ecco perché risulta fondamentale osservare tutte le procedure adeguate per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti prodotti.
Il filtro a tasche generalmente è usato per più applicazioni, come ad esempio la filtrazione in Unità di trattamento aria di edifici civili e in impianti di verniciatura.
I rifiuti vengono definiti pericolosi e non pericolosi. I rifiuti industriali possono essere speciali non pericolosi e speciali pericolosi.